La vita media dei nostri animali da compagnia, si sa, così come quella dell’uomo, si è notevolmente allungata  e la conseguenza (o la causa??) è una maggiore attenzione ai loro bisogni e necessità.

Perché  una cosa è “invecchiare con successo”, quando cioè, per caso o per fortuna, il cervello  vecchio ma “ben funzionante”  mette in atto una serie di meccanismi e protezioni naturali che ne limitino i deficit, un’altra è quando l’invecchiamento cerebrale diventa patologico. E allora lì si che subentrano i problemi.

I disturbi che compaiono, parliamo per lo più di cani e gatti, sono di tipo cognitivo ed  affettivo.  Quella che per prima viene meno  è la “MBT “ (memoria a breve termine: gli acronimi piacciono sempre), per cui gli animali cominciano a mostrare un’alterata percezione dell’ambiente esterno e manifestano deficit mnemonici e di apprendimento: possono,  per esempio,  dimenticare i comportamenti appresi, iniziando a sporcare in casa, vocalizzare, non ritrovare più vie d’uscita o non riconoscere persone od oggetti una volta noti.

Parlando di cani, spesso possono mostrare iperattaccamento al proprietario (…”non mi lascia un attimo!”), o addirittura avere alterazioni giornaliere dell’appetito: un giorno mostrarsi  famelici, un altro giorno anoressici. Possono mostrare alterazioni del ritmo sonno/veglia: dormire tutto il giorno ed essere iperattivi la notte.

Il  gatto invece? Beh, i processi fisiologici (o parafisiologici) sono i medesimi, ma i comportamenti riflettono le abitudini dei felini: magari inizia a sporcare fuori dalla lettiera (…”non lo ha mai fatto!”), oppure smette di  toelettarsi. Da qui, il classico aspetto del pelo annodato e l’allungamento degli artigli, che tante volte arrivano a conficcarsi nella cute dei polpastrelli, con conseguente ulteriore malessere del micio.

Se il gatto “invecchia bene”, può passare  la maggior parte delle ore della giornata (e della notte) a dormire, mentre in condizioni di alterazioni cognitive può  mostrarsi ansioso, agitato, diventare meno socievole e riluttante a farsi toccare.

Da parte di noi veterinari diventa allora imperativo, oltre a consigliare una buona prevenzione, cercare di garantire la migliore qualità di vita possibile. NON si può arrestare il processo di invecchiamento, è fisiologico, ma si può provare a rallentarlo: controllare l’alimentazione, magari proponendo degli integratori che migliorino l’ossigenazione a livello cerebrale o che contengano antiossidanti, arricchire  l’ambiente oppure, di contro,  spogliarlo di possibili ostacoli… Insomma,  dobbiamo solo trovare possibili armi per far affrontare dal nostro animale una vecchiaia il più possibile serena.