“Un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o
descritta in termini di danno”
; questa è la definizione che la IASP (
International Association for the Study of
Pain
) e l’OMS forniscono per il dolore. Il dolore ha una funzione fondamentale quale meccanismo di difesa
naturale volto a minimizzare un danno fisico. Il dolore fisiologico, generalmente rapido a comparire e di
natura transitoria, gioca un ruolo positivo di segnale d’allarme. Entro certi limiti anche il dolore di tipo
infiammatorio conseguente ad un danno di una certa entità può essere considerato un dolore di tipo
fisiologico, condividendo con quest’ultimo lo scopo protettivo, evitando l’amplificazione o la propagazione
del processo patologico in atto. Quando il dolore non è più associato ad un danno tessutale presente o ad
un processo riparativo in atto si parla di dolore patologico. Entrando più nello specifico si parla di dolore
neuropatico qualora si presenti come risposta ad un danno del sistema nervoso o dolore funzionale nel caso
risulti da un anomalo funzionamento di quest’ultimo. Figurativamente si potrebbe paragonare questa
condizione all’attivazione di un antifurto guasto senza la presenza in casa di nessuno. Esso origina da tessuti
fortemente danneggiati come conseguenza di traumi estesi, di processi infiammatori cronici, di infezioni, di
neoplasie e di neuropatie. Esita tuttavia in un dolore di natura cronica non più correlato con il danno che
l’ha provocato e che spesso incide significativamente nella vita del proprietario. Per l’appunto, un recente
studio pubblicato su
Journal of the American Veterinary Medical Association
ha indagato quale sia l’impatto
del dolore cronico del cane su tutto il nucleo familiare. I proprietari intervistati hanno descritto come i
propri ritmi di vita e, di riflesso, quelli dei propri familiari coinvolti, abbiano subito significative modifiche.
Tempi e spazi dedicati alla cura del cane devono essere quotidianamente ritagliati e, quando non si riesce
con le proprie forze, è necessario affidarsi a dog-sitter. Da tutti gli intervistati emerge, inoltre un forte
“bisogno di informazione” specie in relazione ai segni e ai comportamenti che possono far capire al
proprietario la sofferenza del loro amico a quattro zampe. Il cane ed il gatto, di fatto, non potendo
esprimere il proprio disagio come facciamo noi umani, manifestano il dolore in maniera particolare e
differente tra le due specie. Si va dalle modifiche della postura (es. dorso incurvato), ai cambiamenti del
comportamento (es. aggressività o, in alternativa, apatia), alle vocalizzazioni (es. ulula, soffia), alle variazioni
dello stile di vita (es. disinteresse per l’ambiente, ridotto consumo di cibo e acqua). Il gatto, in particolare, è
particolarmente addestrato a nascondere il dolore
e quando lo comunica, può farlo modificando normali
comportamenti e abitudini che non sempre il proprietario interpreta come possibili segnali di disagio (es.
difficoltà nell’utilizzare la cassetta, riluttanza a saltare sul letto). Il primo passo, quindi, per aiutare i nostri
amici è fare molta attenzione all’improvvisa, ingiustificata o anche progressiva modifica dei loro normali
comportamenti. In caso si sospetti che la causa sia il dolore, non c’è che una decisione da prendere:
rivolgersi tempestivamente al veterinario.