contro le discopatieLa diagnosi delle discopatie si basa, in primis, sull’esame neurologico, che aiuta il medico ad identificare il tratto di colonna vertebrale coinvolto.

A questo proposito esiste una manovra compresa nell’esame neurologico che può essere molto importante, mentre in altri casi è considerata poco attendibile: è la prova del riflesso pannicolare che, soprattutto nelle estrusioni toraco-lombari, può aiutarmi a localizzare con precisione la sede di compressione.

Si prosegue poi con la diagnostica per immagini, che ha l’obiettivo di evidenziare la sede e la morfologia della compressione. L’esame radiologico convenzionale del rachide può rappresentare il secondo passo verso la diagnosi di estrusione discale.

Gli scopi dell’esame radiologico sono multipli: avere una visione d’insieme del rachide con pronta identificazione di vertebre di transizione, false coste altre anomalie che possono indurre in errori di localizzazione, escludere alcune semplici diagnosi differenziali (disco spondiliti, tumori ossei), confermare il sospetto di discopatia che dovrà essere verificato e precisato a metodi diagnostici avanzati.

  • La Tc (tomografia computerizzata) è una metodica molto utile, veloce, che consente di eseguire accurate diagnosi di localizzazione del materiale discale soprattutto se quest’ultimo è mineralizzato, ma conferisce immagini acquisite su un solo piano.
  • La Rmn (Risonanza magnetica nucleare) costituisce la metodica di scelta, il “gold standard”, sia in campo umano che veterinario, garantendo una sensibilità vicina al 100 per cento.

Per quanto riguarda i sintomi delle ernie discali, è opportuno sottolineare il fatto che la loro maggior e o minore gravità determina la scelta del protocollo terapeutico da proporre.

Si può optare per il trattamento conservativo (farmaci antinfiammatori associati a riposo assoluto in gabbia per almeno 3/4 settimane) allo scopo di raggiungere la fibrosi e la cicatrizzazione del materiale erniato, in caso di pazienti con protrusioni cervicali alte al primo episodio e che presentano solo dolore, oppure in caso di pazienti con estrusioni toraco-lombari che presentano solo sintomatologia algica.

In quest’ultimo caso però, si punterà solo sul riposo in gabbia, negando la somministrazione di antidolorifici per il rischio di eccessivo movimento da parte dell’animale in seguito alla privazione del dolore e, quindi, possibile peggioramento della compressione.

Il trattamento chirurgico prevede diverse modalità d’intervento, volte ad eliminare la compressione esercitata sul midollo spinale, a seconda del tipo di ernia e delle eventuali complicazioni insorte (emorragie).

In generale, il metodo più utilizzato è la e minilaminectomia, mediante il quale si raggiunge il sito di compressione e si asporta il materiale erniato. La chirurgia si applica, o almeno, si consiglia, a tutti i pazienti con estrusioni toracolombari e che appartengono al gruppo clinico III, ossia che presentano paraparesi scarsamente e non deambulate fino alla paraplegia, ma che preservano il controllo della minzione.

Gli altri gruppi rappresentano una suddivisione clinica dei pazienti in base alla gravità della sintomatologia: al gruppo I appartengono soggetti affetti da solo dolore spinale e nessun deficit neurologico; al gruppo II pazienti con dolore, lieve paresi della dolorabilità profonda; IVB che comprende pazienti che hanno perso la dolorabilità profonda.

La suddivisione dei pazienti in gruppi è utile anche per identificarne la prognosi: in generale, la prognosi migliore si ha per quei soggetti affetti da estrusioni cervicali (90 per cento) con l’esclusione dei casi riguardanti i tratti “alti”, C2-C3, C3-C4 se associati a tetraplegia e difficoltà respiratoria.

Per tutti gli altri pazienti, la positività della prognosi dipende molto dalla tempestività nell’intervento: soggetti appartenenti al gruppo IVB trattati entro le prime 12/24 ore possono avere una ripresa funzionale del 58-62 per cento, ma se trattati dopo le 48 ore la percentuale cala fino al 5 per cento.

In conclusione, le patologie del disco intervertebrale rappresentano spesso la “bestianera”del veterinario, sia per la loro variabilità nella sintomatologia, sia per la tendenza, anche se in buona fede, ad essere trascurate.

Spesso i proprietari dicono: “il cane cammina male, ma aspetto un po’ e vedo se passa…o magari gli do qualcosa”. Non commettiamo più questi errori e osserviamo sempre con attenzione il nostro animale.

Dott.ssa Francesca Giulianelli